Teatro

I 90 anni di Sir Rugantino

I 90 anni di Sir Rugantino

Novant’anni li farà il 2 settembre essendo nato il 1917, ma intanto Roma ha deciso di festeggiare Armando Trovajoli sabato, al Parco della Musica, con un concerto dei suoi brani eseguiti dall’orchestra di Santa Cecilia. Lei pure sarà sul palco? «Farò piccoli interventi al piano per dire che ci sono». Come biglietto da visita ha scelto Brothers: «Che poi vuol dire fratelli in italiano. Un augurio in cui spero poco: quando mai diventeremo fratelli? Ma lo voglio eseguito senza virtuosismi e senza Rachmaninov: semplice». Si chiuderà con Ciao Rudy, la commedia musicale più amata perché gli ricorda quant’era felice Mastroianni di fare Rodolfo Valentino e con un’indimenticabile citazione da Rugantino sia per l’amicizia che l’ha legato a Pietro Garinei sia perché tutti possano intonare Roma nun fa’la stupida stasera, una sorta di inno nazionale. Trovajoli, che è Accademico di Santa Cecilia, ha scritto concerti in onore di Gershwin, ha suonato al piano Bach, ha composto Sconcerto-suite per Petracchi, e Puppet per il nuovo Auditorium di Renzo Piano. Di colonne sonore ne ha fatte trecento per altrettanti film, lavorando con tutti i grandi nomi italiani: De Sica, Dino Risi, Magni, Scola, Pietrangeli, Marco Vicario, Lattuada. Solo per Dino Risi più di venti. «La sintonia di idee l’ho avuta soprattutto con Scola per il quale ho fatto anche la musica del suo ultimo film-documento: Gente di Roma. Risi per me è troppo leggero, un farfallone». Per concezione mentale non ha mai alzato steccati tra musica alta e musica bassa, seria e futile: non disprezza e non mitizza. Carriera assolutamente anomala, la sua. Dal padre violinista gli viene messo in mano il violino a quattro anni, però subito passa al pianoforte: «Forse il violino mi annoiava». A dodici la folgorazione per il jazz: «Avevo sentito alla radio Sophisticated lady di Duke Ellington: fu come un bagliore». Diventa uno dei rari jazzisti italiani apprezzati nel mondo e suona a Parigi dove si esibivano Armstrong, Ellington, Miles Davis, Chet Baker. «Ero un antesignano: intorno al jazz allora c’era il deserto». Quello di jazzista, però, non lo considerava un vero lavoro, probabilmente perché la famiglia lo aveva immaginato architetto. Dunque a trent’anni, a guerra finita, dopo aver suonato a lungo per gli americani che erano rimasti da noi, un’altra svolta: si iscrive al conservatorio di Santa Cecilia da cui esce con il diploma, la lode e una menzione speciale. «Ho trascorso tre anni con Bach. Fondamentali. Ho imparato cos’è la composizione. Per di più il mio maestro, Francesco Lavagnino, mi ha introdotto nel mondo del cinema dove un po’ alla volta, specialmente grazie a un «bayon» scritto per Silvana Mangano che lo ballava nel film Anna di Lattuada, tutti hanno cominciato a cercarmi». Nel 1960 Pietro Garinei lo chiama per fargli fare le musiche di Rugantino, con Nino Manfredi, Bice Valori, Lea Massari, Aldo Fabrizi: un trionfo. «E’ l’altro mio versante, quello romanesco. A modo mio sono un cantore di Roma. Mi sento romano, con i pregi e i difetti dei romani. E a Roma vivo con mia moglie Mariapaola e mio figlio Giorgio». Va ancora a passeggio per la città? «Non mi piace più. La gente è diventata orribile. Meglio l’Africa!». Perché Rugantino è considerato il suo capolavoro? «Al di là della mia musica, è il racconto che coinvolge. E’ una commedia antipapalina. E siccome a Roma il potere del papa ancora c’è, nonostante l’unità d’Italia e tutte le belle chiacchiere, Rugantino continua ad affascinare». Tra le altre sue commedie musicali Aggiungi un posto a tavola, Bravo, Se il tempo fosse un gambero, Vacanze romane. La migliore? «Senza dubbio Ciao Rudy: è molto ricca». Non fu fortunatissima, però? «No. E sa di chi fu la colpa? Di Fellini. Dovemmo smontarla in fretta perché lui avrebbe dovuto girare Il viaggio di Mastorna che poi non ha mai fatto. Voleva Mastroianni tutto per sé. Peccato, perché Marcello nella lunga intervista filmata che gli fece prima della sua morte Annamaria Tatò, ha confessato che quello fu il momento migliore della sua vita. Della vita, eh! Non della carriera». E adesso che sta facendo? «Adesso sto al Sistina a fare provini. Dovrebbe succedere qualcosa di nuovo, ma non ne sono ancora sicuro». E’ bello a novant’anni essere ancora al lavoro, vero? «E’ bello se trovo uno spunto che mi permette di prendere fuoco. Scrivere musica mi diverte. E’ una gran fortuna».